|
|
|
|
Introduzione a Badiou
Note sull'autore
Alain
Badiou (1937) è professore di filosofia all'Università di
Vincennes-Saint-Denis e al Collège International de Philosophie. E'
stato tra i fondatori, nel 1967, del "Cercle d'Épistemologie"
dell'Ecole Normale, che diede vita a una rivista fondamentale per il
dibattito culturale in Francia, i "Cahiers pour l'analyse". Tra le sue
opere: Théorye du sujet (Paris 1982), La politica è pensabile? (tr. it.
Milano 1987), Manifesto per la filosofia (tr. it. Milano 1991),
Conditions (Paris 1992), L'etica. saggio sulla coscienza del male (tr.
it. Parma 1994), L'essere e l'evento (tr. it. Genova 1995).
Sul testo
I testi di Badiou qui presentati in traduzione italiana sono tratti da
tre conferenze pubbliche. La struttura stessa dei testi è quindi basata
sulla sinteticità e sull'efficacia comunicativa, senza per questo
risultare banale o didascalica. Inoltre, le tre conferenze sono testi
complessi, in cui ogni passaggio dell'argomentazione fa riferimento ad
una problematica che sintetizza il dibattito del rapporto tra filosofia
e immagine (o per essere più precisi, tra la filosofia e quella
modalità particolare di elaborazione dell'immagine che è il cinema).
L'oggetto in questione, la tematica costante dei tre testi è, infatti,
non tanto il cinema, quanto il rapporto tra pensiero e cinema, la
possibilità cioè di indagare l'esistenza di una forma particolare di
elaborazione del pensiero nel cinema.
Nel primo testo (Il cinema come falso movimento), il punto di partenza
è la consapevolezza che la caratteristica principale della settima arte
è il suo svolgersi nel tempo. L'immagine cinematografica nega la
fissità, l'immobilità dell'immagine, perché inserita in un flusso
continuo e costante, quello che Deleuze aveva chiamato
l'immagine-movimento. Ma Badiou, nell'evidenziare questo, riprende le
argomentazioni di Lyotard, che, ne L'acinéma, sottolineava come il
movimento nel cinema fosse in realtà caratterizzato dalla cesura,
dall'assenza: "Le cinématographe est l'inscription du mouvement", ma un
movimento interrotto, frammentato, montato. Una vera e propria mise en
ordre del movimento. Badiou accoglie questa definizione, ma estende il
concetto Lyotardiano, in quanto ammette che è il movimento stesso che
allontana il cinema dall'immagine, o meglio sottrae l'immagine a se
stessa. In altre parole, è il flusso stesso dell'immagine-movimento a
determinare l'impossibilità nel cinema di parlare dell'immagine, così
come se ne parla nella fotografia o nella pittura. Anche nei confronti
delle altre arti, il cinema opera una sorta di trasformazione; il film
implica le altre forme espressive (letteratura, poesia, musica, arti
plastiche e visive), ma inscrivendole nel movimento generale, le
sottrae a loro stesse.
Allora il problema del senso nel cinema deve necessariamente fare i
conti con questa impostazione. Con la consapevolezza, cioè, che il
movimento nel cinema è un falso movimento, basato più sulla regola
dell'esclusione, del taglio, che sul flusso infinito delle immagini e
del senso.
Il movimento del cinema è un movimento impuro. Ma proprio in questo,
secondo Badiou, sta la sua forza: "Le cinéma est un art impur. Il est
bien le plus-un des arts, parasitaire et inconsistant. Mais sa force
d'art contemporain est justement de faire idée, le temps d'une passe,
de l'impureté de toute idée". La forma attraverso la quale l'idea - il
senso - si mostra nel cinema è quella dell'impurità. Il pensiero è
necessariamente frammentato e impuro, ed è nell'esperienza della
visione cinematografica che tale frammentazione si evidenzia.
Qui Badiou si differenzia da altri teorici che hanno riflettuto sul
problema della creazione del senso nell'immagine cinematografica. La
figura che Badiou utilizza è tipicamente benjaminiana: quella del
Passaggio, della visita. Il concetto si mostra nel falso movimento
dell'immagine, nella frammentazione dell'immagine. Il pensiero non si
incarna in una forma, ma in un movimento, per giunta un falso
movimento, costellato di interruzioni e fratture.
L'analisi condotta da Badiou è caratterizzata da una considerazione del
cinema come arte particolare, impura. Il falso movimento dell’immagine
cinematografica permette all’idea (al pensiero) di rendersi visibile
secondo una modalità specifica.
In questo senso l idea attraversa l'immagine cinematografica, la
visita. La Visitation è la forma della presenza del pensiero nel
cinema.
Le figure della Visita, del Passaggio, del Transito, implicano alcune
considerazioni: innanzitutto che l’idea si manifesta in una struttura
impura, frammentata. Il senso cioè si snoda nel flusso interrotto delle
immagini, in un movimento. Ma non si incarna nel sensibile
dell’immagine cinematografica, la attraversa, la visita, trasformandola
e trasformandosi: "Le cinéma doument la thése classique, selon laquelle
l'art est la forme sensible de l’Idée. Car la visitation du sensible
par l'Idée ne lui donne aucun corps. L'idée n'est pas sèparable, elle
nexiste au cinéma que dans son passage. L'idée est visitation".
Pensiero e immagine sono entrambi in movimento, non sono separabili
l'uno dall'altra.
E' questa un’ulteriore presentazione della concezione topologica della
filosofia, che già Badiou aveva messo in evidenza in Theorie du Sujet,
nell’interpretazione topologica della dialettica hegeliana.
L'attenzione filosofica al cinema allora acquista senso nel momento in
cui nel cinema si intravede l'emergere del falso movimento del pensiero
nella contemporaneità allo stesso modo in cui Benjamin vedeva nei
passages parigini il "condensato fenomenico della comprensione onirica
che l'epoca aveva di sé".
Badiou, con questi testi, dunque, evidenzia la presenza di un dibattito
in Francia, in cui il pensiero filosofico si incontra con la forma
cinema; un incontro che tende alla legittimazione del cinema come
strumento e mezzo per l'ampliamento del discorso filosofico. Non si
vuole costruire una teoria del cinema, ma si vuole criticare,
potenziare, trasformare la filosofia per staccarla da una concezione
statica ed autonoma del processo di pensiero e per farle ritrovare la
sua vera natura di pratica concettuale.
|
|