NON-LUOGO DI TRANSITO

 

"La filosofia di fronte ai problemi del mondo".
Il XXI Congresso mondiale di filosofia

(Istanbul, 10-17 agosto 2003)

di Gabriella Baptist

 

Anche l’ultimo congresso mondiale di filosofia si è confrontato con il mondo e i suoi problemi, in quell’angolo geografico ai limiti dell’Europa che già fisicamente dimostra come i continenti si incontrino nel bel mezzo di città piene di porte e ponti, per esempio appunto a Istanbul. Nella maestà imperiale della sua storia passata, segnata da decadenze e ricostruzioni, con tutti gli affanni del suo ruolo presente di megalopoli marginale, ma viva e in crescita, nella prospettiva aperta di tutte le proiezioni ancora da pensare delle sue appartenenze future, forse nessun’altra città avrebbe potuto più credibilmente stare sullo sfondo dei numerosi problemi affrontati, tutti di grande respiro etico-politico: il diritto cosmopolitico, la guerra, l’emergenza del terrorismo, la violenza politica, l’ideale della democrazia, le disuguaglianze tra nord e sud del mondo, la distribuzione delle risorse, la povertà, lo sviluppo, i diritti umani, la prospettiva interculturale, la globalizzazione, la secolarizzazione, le nuove tecnologie, la bioetica e via discorrendo. Sempre nel doppio rimando alla tradizione filosofica e alla discussione contemporanea, numerosi protagonisti dell’elaborazione teorica più recente hanno animato le giornate di lavoro, dimostrando l’urgenza e la necessità del confronto tra il patrimonio della riflessione razionale e le sfide della realtà concreta. È certamente impossibile fornire in questa sede un resoconto completo e dettagliato, se non altro perché chi scrive ha potuto seguire solo una porzione limitata dei lavori, scegliendo in maniera necessariamente parziale tra le molte proposte all’attenzione comune. Perciò si darà qui di seguito solo qualche spunto ed assaggio, tanto per dimostrare che l’effetto più sicuro di questi incontri è appunto quello di suscitare interessi da coltivare necessariamente dopo e altrove.

Per l’inaugurazione scientifica della discussione, dopo i convenevoli dell’apertura, sono stati invitati a riflettere su Il ruolo della filosofia: illuminismo, pensiero postmoderno ed altre prospettive Jürgen Habermas ("Disputa sul passato e il futuro della legge internazionale. La transizione da una costellazione nazionale ad una post-nazionale"), Gianni Vattimo ("La fine della filosofia nell’epoca della democrazia") e Kwasi Wiredu ("Il ruolo della filosofia nel dialogo interculturale. Una prospettiva africana"), che hanno riproposto rimandi kantiani, heideggeriani, ma anche riferimenti ad altre tradizioni, per argomentare l’importanza di un nuovo cosmopolitismo capace di ripensare la democrazia in vista di una convivenza pacifica e al di là di sottomissioni reali o concettuali. Dopo una tale apertura, il congresso poteva poi svolgersi affrontando gli argomenti più diversi nelle sessioni plenarie e negli innumerevoli incontri paralleli che si sono tenuti coinvolgendo circa milleseicento filosofi di tutte le parti del mondo, ma con una decisa prevalenza di studiosi americani, dell’estremo oriente e dell’Europa dell’est.

Nel quadro di un incontro sul tema Disuguaglianza, povertà e sviluppo Agnes Heller ha riflettuto su "I due pilastri dell’etica contemporanea", individuati nel doppio riferimento al buon individuo e al buon cittadino, orientati rispettivamente all’ideale dell’autonomia personale e della saggia costituzione, della libertà e della giustizia, dell’autenticità e della solidarietà, valori necessariamente intrecciati tra di loro nel solido vincolo della responsabilità. Peter Singer ha problematizzato "I diritti umani, lo Stato e l’ordine internazionale" ripensando con Hobbes la dottrina della prevenzione a fronte di guerre contemporanee che si dicono appunto ‘preventive’. Iris Young ha presentato invece le sue "Modeste riflessioni sull’egemonia e la democrazia globale" partendo dall’immagine dei cento milioni di cittadini scesi nelle piazze di mezzo mondo nel febbraio del 2003 per scongiurare l’intervento militare in Irak, interpretati come segno di speranza per un nuovo protagonismo dell’opposizione democratica nei movimenti di opinione di base. Seyla Benhabib si è interrogata piuttosto su "I diritti dei rifugiati e degli emigranti", proponendo una nuova centralità dei diritti di residenza e disegnando i contorni di una cittadinanza non più solo legata all’appartenenza nazionale, ma ripensata secondo l’ospitalità possibile delle città, modello alternativo rispetto alla sovranità degli Stati. Un incontro sul tema L’etica nelle situazioni di emergenza ha visto significativamente il confronto tra l’israeliano Marcelo Dascal e il palestinese Sari Nusseibeh sul problema dello ‘stato eccezionale’, sempre più spesso regola dell’ordinario, e sulla questione del terrorismo come morte della politica attraverso una politica della morte. La tavola rotonda su Filosofia e politica ha visto sul podio Jelyu Zhelev, ex presidente della rinata Repubblica Bulgara e già filosofo dissidente ed avversato dal regime precedente, il ministro della cultura indiano e filosofo Karan Singh, oltre che Ioanna Kucuradi, filosofa turca e presidentessa del Convegno, impegnata in prima persona non solo nell’elaborazione teorica della questione dei diritti umani, ma anche nelle connesse battaglie politiche e culturali. Nel quadro di una sessione plenaria sui Nuovi sviluppi della scienza e della tecnologia la biologa e filosofa francese Anne Fagot-Largeault ha riferito quindi su "Le applicazioni mediche delle biotecnologie e le tecniche di clonazione cellulare", mettendo in guardia contro la tecnofobia ed invitando all’equilibrio nella considerazione della nostra realtà biologica marginale, la cui dignità ed intangibilità non sta certo in una presunta materialità genetica totipotente, ma nel rapporto intersoggettivo con gli altri.

Come novità rispetto ai congressi mondiali precedenti, una sessione plenaria è stata organizzata da studenti dottorandi di varie università ad est ed ovest dell’Atlantico, che hanno scelto di confrontarsi sul tema La xenofobia e la questione del ‘sé’ e dell’‘altro’. Interessante, anche come antidoto alla presunzione che si faccia filosofia solo in certi ambiti linguistici, è stato il simposio dedicato a La filosofia in Turchia, che ha informato sulla tradizione locale dell’antropologia filosofica, di scuola tedesca, così come sui più recenti sviluppi di indirizzo analitico. Nelle tre conferenze serali, pensate per un pubblico più ampio e intitolate a Maimonide, Kierkegaard e Ibn Roshd – quasi a ricordare che il gioco tra le grandi tradizioni monoteiste ha comunque segnato la riflessione occidentale ed anche disegnato il corpo stesso delle sue città, come Istanbul peraltro dimostra nella maniera migliore, con le sue numerose sinagoghe, chiese e moschee – si sono alternati Evandro Agazzi ("La filosofia e la comprensione tra gli uomini"), Heiko Schulz ("L’immediatezza seconda. Riflessioni sul concetto di fede in Kierkegaard") e Otfried Höffe ("L’antropologia e i diritti umani: sul progetto politico della modernità"). Numerosi congressi ed incontri sono stati organizzati parallelamente da Istituti e Società filosofiche nel quadro del Convegno mondiale: così per esempio si è tenuto il V Convegno internazionale su Karl Jaspers ("La realtà storica nella prospettiva dei problemi fondamentali dell’umanità") o il convegno organizzato dall’Istituto mondiale di ricerca fenomenologica su "La fenomenologia della vita di fronte alle sfide del mondo d’oggi", allo stesso modo c’è stato spazio anche per gli incontri dell’‘Institut International de Philosophie’ o dell’‘Istituto italiano per gli Studi filosofici’ di Napoli.

Gradevolissimo è stato sempre il ‘contorno’, innanzitutto la stupenda collocazione del centro congressi, con le sue terrazze panoramiche affacciate sul Bosforo, con il punto ristoro che offriva non solo panini e caffè, ma anche specialità turche e una vista mozzafiato. Assai elegante è stato il concerto di musica classica dell’inaugurazione, naturalmente con cadenze orientaleggianti, così come il balletto offerto ai convegnisti in una serata speciale di intrattenimento, con tutte le movenze che lo spettatore avrebbe potuto augurarsi, dai volteggi mistici dei dervisci rotanti alla danza del ventre di odalische immaginarie. Indimenticabile è stato il passaggio in caicco offerto ai relatori invitati sul Corno d’oro, complice anche la luna piena, così come il banchetto di gala in riva al mare. Ma indimenticabile è stato anche lo strano vicinato del primo giorno con le nozze fondamental-islamiche del figlio di Erdogan, il Primo ministro turco, che si sposava lì a fianco con addirittura quattordicimila invitati e il nostro Presidente del Consiglio a fare da compare d’anello, pronto per l’ennesima gaffe; ed altrettanto indimenticabili sono stati anche i moniti che nell’ultimo giorno si sono levati da uno striscione velocemente srotolato dall’Associazione delle famiglie dei detenuti nella cerimonia di chiusura con le autorità, quasi a ricordare che la filosofia e i problemi del mondo continuano a confrontarsi non solo nella testa di pochi, ma anche nella carne viva di molti.