NON-LUOGO DI TRANSITO

 

Bruno Moroncini, Sull’amore. Jacques Lacan e il Simposio di Platone, Napoli, Cronopio, ISBN: 88-894-4602-1, Euro 14,00




dif|fra|zió|ne

s.f.

1a TS fis., l’insieme dei fenomeni di propagazione di onde sonore o elettromagnetiche che non si accordano con la legge della propagazione rettilinea dei raggi nei mezzi omogenei

1b BU fig., dispersione

2 TS filol., nella critica testuale: dispersione di varianti rispetto alla lezione dell’archetipo


(da De Mauro T., Il Dizionario della lingua italiana per il nuovo millennio, Paravia, Milano, 2000 )



“Diffrazioni”1 è il titolo del volume collettaneo in cui queste pagine di Bruno Moroncini, ora edite da Cronopio, furono pubblicate per la prima volta; e la diffrazione è evidente in questo gioco ermeneutico di intrecci e dispersioni dei livelli interpretativi di un testo come il Simposio di Platone: il primo livello – se si esclude la dimensione interpretativa che il Simposio stesso in qualità di struttura narrativa porta con sé – che vede Lacan “lettore” di Platone ne produce, infatti, subito un secondo in cui è possibile “leggere” Lacan attraverso Platone: due livelli che Moroncini interseca come lettore di Platone, del Platone di Lacan e di Lacan attraverso Platone, riavviando – nell’inscrizione testuale della propria lettura – il movimento di diffrazione dell’interpretazione.


Dei seminari tenuti da Lacan dal 1953 al 1980, l’ottavo (1960-61) è dedicato alla questione del transfert2: più della metà delle lezioni sono dedicate al commento del Simposio, il dialogo platonico il cui tema, com’è noto, è l’amore.

A casa di Agatone, che il giorno prima ha vinto le gare tragiche, vari personaggi sono riuniti per un banchetto. Presa la decisione di parlare di Eros, viene deciso un ordine (da destra verso sinistra) per gli interventi.

Al termine del discorso di Socrate – che è anche l’ultimo – irrompe nella sala un ubriaco Alcibiade che, senza neanche rendersene conto, si mette a sedere tra Agatone e lo stesso Socrate; avvenutosene, aggredisce verbalmente Socrate e, elettosi simposiarca, stabilisce le nuove regole: anziché l’elogio di Eros, ognuno farà quello di colui che è seduto alla sua destra.

Così, Alcibiade parla del proprio oggetto d’amore: Socrate.

Un commentario filosofico tradizionale, ci dice Moroncini, si sarebbe fermato qui, ed avrebbe cercato altrove una più completa esposizione della teoria platonica dell’Eros.

Lacan, al contrario, recupera il Simposio nella sua interezza testuale e, soprattutto, nella messa in scena del rapporto tra Socrate ed Alcibiade, con il dichiarato intento di affrontare la figura dell’analista attraverso quella di Socrate.

Eppure, dal seminario di Lacan, qualcosa eccede il discorso sul ruolo dell’analista nel transfert, qualcosa che la lettura di Moroncini evidenzia nelle pagine di questo saggio.




“Una teoria della verità, del tipo di quelle cercate in filosofia oppure in logica, fallisce sempre, a causa di un’erotica. Non c’è teoria della verità senza una dottrina dell’amore”3


Del tanto godibile quanto intenso testo di Moroncini ci permettiamo di isolare, qui, almeno un momento fondamentale: l’analisi delle dinamiche dell’intersoggettività messe in moto dalla relazione di desiderio Alcibiade – Socrate (– Agatone)4.

Agendo il desiderio, Alcibiade irrompe nel discorso teorico (filosofico) sull’Eros. Ma, chi è Alcibiade?


Alcibiade è l’homme-du-désir, “colui che nella ricerca del godimento va fino in fondo, fino al fondo del possibile e dell’impossibile”5, e, da questa posizione, egli determina il ruolo di Socrate, proiettandolo nella figura del soggetto-della-scienza (l’archetipo del Maître lacaniano): Alcibiade desidera ma manca del sapere del proprio desiderio. Sapere e desiderio, perciò, sono cooriginari nella domanda “cosa voglio?” o, meglio, nella sua forma esplicita “cosa vuola l’altro da me?”

Socrate, invero, incarna bene il ruolo dell’altro, e la sua pretesa di “non sapere” smaschera l’inoggettualità del desiderio. È questa inoggettualità che unisce e separa originariamente il soggetto-del-sapere e l’homme-du-désir: entrambi riconoscono l’impossibilità del desiderio: il primo attraverso il pensiero, il secondo attraverso l’azione.


Se è vero, dunque, che tra i due si instaura un rapporto d’amore, è pur vero che questo è asimmetrico: nel loro reciproco cercarsi, Socrate ed Alcibiade non si incontrano mai.

Non si è amanti insieme: l’uno è amante, l’altro è amato: uno è parte attiva, l’altro passiva.

È questa asimmetria che, secondo la lettura di Moroncini, consente a Lacan di inserire il discorso sul transfert nel quadro di un’erotica.


Il discorso sull’amore, in quanto analisi delle dinamiche del desiderio, diviene discorso sull’intersoggettività.

Quando un soggetto desidera l’altro, in realtà, desidera divenire egli stesso oggetto del desiderio dell’altro: il soggetto si trasforma in oggetto.

A questo livello argomentativo – che ha le sue radici nella lettura kojéviana di Hegel – si mostra l’illusione dell’intersoggettività come reciprocità: “il desiderio è desiderio dell’altro” sarebbe, perciò, leggibile come l’enunciato di una relazione in cui entrambe le autocoscienze sarebbero nello stesso tempo soggetto e oggetto. Ma qual è l’esito di questo gioco speculare? Se la reciprocità è un narcisistico gioco di specchi in cui l’altro è mia immagine, chi sono io?

“La reciprocità” – dice Moroncini – “trapassa in disgiunzione: io o l’altro”.

È a questo punto che, nell’Hegel di Kojéve, avviene la svolta dialettica: nello scontro, una delle due autocoscienze, per paura di perdere la vita, accetta di divenire serva: l’iniziale dialettica io-altro diviene relazione triadica (padrone-servo-morte) e riconduce gli agenti della coppia ad un rapporto asimmetrico.

Qui, entra in gioco la dinamica dell’amore che, per un verso, appartiene ancora alla prima (hegeliana) fase dell’intersoggettività, per un altro, la supera, ponendosi come strategia messa in atto dal soggetto per ridurre l’angoscia della morte.

Per chiarire questo punto, Lacan introduce la “metafora dell’amore”: il desiderio dell’amante (erastés) è che l’amato (eromenos), corrispondendo al suo amore, divenga egli stesso amante; ciò che, tuttavia, la metafora rimuove, è che in questo desiderio di desiderio, l’amante mira al di là dell’altro soggetto-oggetto, verso quell’oggetto che è causa del desiderio e, allo stesso tempo, fondamento della sua impossibilità: Alcibiade cerca in Socrate quello che Lacan chiama oggetto ‘a’ (e che crede di poter individuare nell’agalma platonico), da Socrate (come Maître) il sapere di questo oggetto.

Ma, si può misurare l’oggetto del desiderio?

No. Al contrario, è proprio questa non matematizzabilità dell’oggetto ‘a’ che ne fa il perno della crisi del rapporto di adeguazione reciproca tra soggetto e oggetto. In questo senso, sottolinea Moroncini, l’oggetto ‘a’ ha, per Lacan, “la medesima funzione che nel modello hegeliano della lotta per il riconoscimento era riservato alla morte o al padrone assoluto. Come la morte, l’oggetto ‘a’ triangolarizza la relazione duale e sottrae il rapporto fra i soggetti al dominio della specularità”6.

In questo modo, allora, la relazione conoscitiva soggetto-oggetto si fonda su quella intersoggettiva: “Non esiste un oggetto che per sua natura si presenti come oggetto di una conoscenza possibile. È perché questo oggetto è messo in gioco nella relazione fra soggetti, è valorizzato attraverso di essa, che può divenire un oggetto di conoscenza.

(…)

Per Lacan c’è posizione dell’oggetto di fronte al soggetto a una sola condizione: che esso sia l’oggetto del desiderio dell’altro”7.


Nella distanza che separa il desiderio come mancanza non colmabile dal sapere totalmente idealizzato, Eros, dunque, non unisce, ma separa; se esso è medio – come vorrebbe Diotima – è un “medio infranto”, incapace di “tradurre “ le differenze in identità.


Una nota, prima di concludere.

La lettura di Platone per il seminario sul transfert succedeva a quello – dell’anno precedente – dell’Antigone8 sofoclea per il seminario sull’Etica della psicoanalisi; così, anche queste pagine sembrano segnare nel percorso di Moroncini, il superamento del tragico sorriso d’Antigone in quella trascendibilità indecidibile dell’altro che costituiva “il nucleo di un pensiero della comunità”9 in “La comunità e l’invenzione”.

 

Marco Castagna




Indice


La metafora dell’amore

L’oscuro oggetto del desiderio

La rivelazione del reale

Sociologia amorosa

La scienza degli erotica

Clownerie

Impasses

La “linguisteria” di Socrate

Ginecocrazia

Ménage à trois





L’autore

Bruno Moroncini è professore ordinario di Antropologia filosofica presso l'Università di Salerno. Tra le sue pubblicazioni ricordiamo: Walter Benjamin e la moralità del moderno (Napoli 1984); Il discorso e la cenere. Dieci variazioni sulla responsabilità filosofica (Napoli 1988); Mondo e senso. Heidegger e Celan (Napoli 1998); La lingua muta e altri saggi benjaminiani (Napoli 2000); La comunità e l’invenzione (Napoli, 2001); Il sorriso di Antigone. Frammenti per una storia del tragico moderno (Napoli, 2004).

Note

1v. Ciaramelli F., Moroncini B., Papparo F.C., Diffrazioni. La filosofia alla prova della psicoanalisi, Guerini e Associati, Milano, 1994

2 Cfr. Lacan J., Le Séminaire livre VIII. Le Transfert, Seuil, Paris, 1997

3 Cfr. Miller J.A., I paradigmi del godimento, a cura di A.Di Ciaccia, Casa Editrice Astrolabio, Roma, 2001, p.107

 

4 Il testo di Moroncini propone, in realtà, innumerevoli spunti di riflessione che non è possibile sviluppare qui; ci sembra, tuttavia, doveroso sottolineare, almeno, l’originalità della posizione dell’autore: pur non negando l’importanza accreditata dagli interpreti di Lacan al Seminario VII quale luogo della svolta nel percorso dello psicoanalista francese, Moroncini sembra voler racchiudere in un unico movimento i seminari VII (L’etica della psicoanalisi), VIII (Transfert) e IX (Identificazione), in cui il secondo sia realmente medio tra gli altri due.

5 Moroncini B., Sull’amore, op.cit., p.20

6 Moroncini B., Sull’Amore, op.cit., pp.53-54

7 Ibid., p.54

8 Moroncini B., Il sorriso di Antigone. Frammenti per una storia del tragico moderno, Filema, Napoli, 2004

9 Moroncini B., La comunità e l’invenzione, Cronopio, Napoli, 2001, p.128