Indice del numero 6

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Naief Yehya, Homo Cyborg, il corpo postumano tra realtà e fantascienza


Elèuthera editrice, 2004, € 14,00, ISBN 88-85060-97-8





"In questo libro mi occuperò delle tecnologie cosiddette cyborg, ovvero dell'ampia gamma di tecnologie bioniche (l'inserimento di dispositivi e strumenti di controllo meccanici ed elettronici nel corpo) destinate a riparare, accrescere e migliorare il nostro fisico, tecnologie che in un prossimo futuro ci permetteranno probabilmente di sfuggire alla mortalità, alla vecchiaia e alla sofferenza; oppure, se non manterranno le loro promesse, ci condanneranno all'estinzione o, nel migliore dei casi, a un'esistenza infame, dolorosa e limitata, durante la quale non saremo prigionieri soltanto delle nostre ossa, della nostra pelle e del nostro sangue, ma anche dei nostri circuiti elettronici". (Naief Yehya)


Pubblicato nel 2001, questo volumetto dell'ingegnere messicano, ma ormai americano di fatto, Naief Yehya, ha alcuni indubbi meriti, non ultimo quello di fornire elementi di chiarezza nella terminologia relativa ai cyborg e di sollevare e approfondire problemi iniziali, ancora perfettamente attuali, sull'argomento. La posizione scettica di Yehya nei confronti della tesi di Hans Moravec, secondo cui sarebbe possibile il download di un cervello in un diverso contenitore, viene subito enunciata: "il semplice fatto che ci siano scienziati riconosciuti e ben sovvenzionati che lavorano seriamente a questo progetto è un segno di quanto sia tuttora in voga la curiosa ossessione mistica - di antica data nella nostra cultura - di voler separare la mente dal corpo" (pag.19).

I temi affrontati da Yehya sono molteplici; nel primo capitolo, "Gettare il contenitore", l'autore esamina storicamente la ricerca relativa all'intelligenza artificiale, ricordando l'affermarsi e l'evolversi degli studi di cibernetica legati ai celebri nomi di Wiener e Shannon, e già nel secondo capitolo, "I cyborg nella realtà e nella finzione", può soffermarsi sul significato stesso della parola cyborg e sulle varie accezioni che si sono infiltrate nella definizione primaria. Inevitabilmente, le immagini di riferimento sono letterarie e cinematografiche, e una prima interessante domanda scaturisce subito: in quale momento un uomo che disponga di protesi (visto che anche gli occhiali sono una protesi) diventa un cyborg? Per rispondere, Yehya descrive il problema psicologico che si innesca nei non udenti obbligati a usare un apparecchio acustico, o negli impotenti che utilizzano protesi e ingeriscono farmaci per ricostruire la fertilità e il desiderio, e conclude, dopo un'analisi in parte ironica sulla sessualità dei cyborg, con una veloce analisi dei popolari personaggi che divertono da anni il pubblico dei fumetti, come Captain America, Spiderman, Wolverine. Seguendo indicazioni ulteriori, si può giungere a definire il cyborg come colui che "ha perduto parte della propria umanità, ottenendo però in cambio qualche potere sovrumano" (pag. 51).

La nostra percezione delle nuove tecnologie, tema del terzo capitolo "Nuove tecnologie, nuove percezioni", è legata strettamente all'immaginario collettivo determinato dalla mitologia un tempo e dalla cinematografia oggi. Come Talos e il Golem, anche Terminator e Robocop sono creature mostruose e Yehya ricorda numerosi film per descrivere quali e quante varianti siano possibili sul tema, film che dalla fantascienza spesso hanno sconfinato nel genere horror. Diversi i casi, invece, in cui la sceneggiatura tende alla rappresentazione di una realtà virtuale parallela o intersecata con la realtà vera e da qui il passo alla definizione delle nuove tematiche proposte da Internet è breve. L'autore descrive il fenomeno dei bot, quelle curiose creature virtuali, o meglio attive in rete, che rispondono o chattano o giocano con i normali utenti, spacciandosi per esseri senzienti, ma in realtà governati da software simulatori, per poi accennare alla tecnologia informatica, il cui percorso vertiginosamente rapido nelle conquiste tecniche non consente previsioni sui suoi ulteriori sviluppi. Se si va a vedere ciò che il grande Isaac Asimov presagiva negli anni Cinquanta, quando inventò le tre leggi della robotica ("1. Un robot non può recare danno a un essere umano...."), non si può non sorridere per l'ingenuità delle leggi stesse e per la drammatica differenza tra il loro intrinseco pacifismo e l'attuale fertile progettazione di micidiali macchine da guerra automatiche.

Ed è proprio sugli utilizzi pratici delle creature cyborg che Yehya si sofferma nel quarto capitolo, "Cyborg aziendali e istituzionali", entrando con maggiore specificità in quell'ambito ormai comunemente definito postumano. Le prime considerazioni sono sociologiche e riprendono una catalogazione definita da Arthur Kroker, per cui esiste già una classe virtuale, formata da professionisti e tecnocrati, fortemente dipendenti dalle tecnologie informatiche, che aspirano quanto prima a liberarsi del proprio corpo, "e con immenso piacere" (pag. 73). Yehya analizza poi le situazioni diverse dell'ambito militare, in cui è forte l'interesse a dotarsi di soldati-robot preparati e invulnerabili, e dell'ambito individuale, quello delle persone normali che viaggiano verso una sempre maggiore integrazione culturale, utilizzando i personal computer e internet, e scorge in questi due mondi una possibile negativa convergenza, legata alla dimensione terroristica o anarchica da un lato e all'annichilimento di "coloro che non sono in grado di imparare a usare le tecnologie digitali di calcolo e di informazione" (pag. 77). Yehya tende qui a identificare i termini cyborg e posthuman e fornisce spunti interessanti di riflessione quando propone che la definizione di postumano, indicata come spirale discendente nel cammino dell'uomo, sia adottata a partire dall'utilizzo del primo strumento da parte dell'homo sapiens. L'affrancamento dal corpo suggerito da Moravec, di cui Yehya riassume le proposte chirurgiche di trasferimento del cervello dal corpo umano alla macchina, è qui visto come fantascientifico, per ora, ma anche da prendere seriamente in considerazione come rischio possibile. Citando Katherine Hayles, Yehya fa proprie tanto la paura della morte della coscienza umana, quanto la speranza speculare che la condizione postumana possa rappresentare un arricchimento dell'imprescindibile condizione fisica dell'umanità; sembrerebbe tuttavia che l'autore finisca per propendere verso una visione comunque pessimistica, "una rottura definitiva con l'ideale dominante di uomo a partire dall'Illuminismo" (pag. 84).

Nel quinto capitolo, "Neodarwinismo, neonati, cyborg ed eugenetica", particolarmente denso e per molti versi inquietante, Yehya ricorda vari episodi esemplari del passato prossimo e li incasella secondo un grande schema generale che fa riflettere. La legittimazione dell'aborto di feti malformati, le banche del seme, la fecondazione in vitro, i parti plurimi, la clonazione, sono le parti emergenti di una complessa situazione che ha risvolti medici, biologici e soprattutto etici e che può essere accomunata alla ricerca su organismi artificiali. Lo scenario potrebbe degenerare in una chiave politicamente inaccettabile se, come scrive l'autore riprendendo Lee M. Silver, "in futuro la frattura tra poveri e ricchi si amplierà in maniera così drastica che gli individui appartenenti a una classe non potranno riprodursi con quelli di un'altra" (pag. 104).

Sono accomunati dall'analisi dei modelli proposti da cinema, letteratura e televisione, sia per i personaggi inventati dalle sceneggiature sia per i corpi femminili imposti da moda e pubblicità, il sesto capitolo, "La femminilità della macchina umana" e il settimo, "La modella immortale e la bellezza effimera"; a partire dal robot Maria del film Metropolis di Fritz Lang, l'autore indaga con acutezza sulle tante raffigurazioni che la civiltà di oggi trasmette facendo leva sulla sessualità femminile; non a caso sono ora le donne ad indagare nel modo più approfondito sulle tematiche postumane, l'autrice di "A Cyborg Manifesto" (1991), Donna Haraway, in particolare. É poi notevole l'analisi su fenomeni di trasformismo, come la transessualità, che Yehya assimila alla dimensione postumana e che effettivamente sono sempre più presenti nell'immaginario collettivo.

L'ottavo capitolo, "La disputa sulla spiegazione del mondo", e il nono, "I figli della nostra mente", spiegano e riassumono alcune ricerche di grande complessità, in particolare la ricostruzione del genoma, cioè della mappa completa del DNA, e la strutturazione di programmi che simulano l'intelligenza. Mescolando fatti veri con le fantasie cinematografiche, Yehya ci fornisce un quadro verosimile di ciò che potrebbe accadere, ma allo stesso tempo ritorna sulla inquietante tematica militare. L'ultimo paragrafo dell'ultimo capitolo si intitola "Armare le macchine?" e manifesta il timore che una nuova razza umana possa prendere il posto dell'attuale, appoggiandosi a strumenti artificiali. L'ultima frase, molto suggestiva, "In un mondo dal quale sia stata sradicata la tragedia umana, morire senza lasciare traccia sarà forse l'unico atto rivoluzionario" (pag. 158), ci conferma che il testo di Naief Yehya, scritto all'inizio del nuovo secolo, non è affatto invecchiato, qualità non indifferente data la velocità degli sviluppi in questo settore; non è invecchiato né per quanto riguarda le analisi tecnico-scientifiche né per quanto riguarda i presupposti concettuali e politici ed è tuttora, nel 2006, una lettura utile per entrare nell'argomento della postumanità, riferendosi a quanto c'era, c'è e ci sarà di postumano nell'umanità di ieri, di oggi e di domani.


INDICE

Prefazione all'edizione italiana

Avvertenza

INTRODUZIONE

Un universo vivo

I. Gettare il contenitore

II. I cyborg nella realtà e nella finzione

III. Nuove tecnologie, nuove percezioni

IV. Cyborg aziendali e istituzionali

V. Neodarwinismo, neonati, cyborg ed eugenetica

VI. La femminilità della macchina umana

VII. La modella immortale e la bellezza effimera

VIII. La disputa sulla spiegazione del mondo

IX. I figli della nostra mente


(Andrea Bonavoglia)













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