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NUDITA'
RICERCHE


Il Nudo e il complesso edipico in Corporale di Paolo Volponi
 


di Lothar Knapp



Un esempio di nudo nell’opera di Paolo Volponi, lo troviamo nel suo romanzo indubbiamente più importante, con il titolo già programmatico di Corporale. Questo romanzo segna una svolta nella scrittura di Volponi, in quanto passa da una concezione della persona umana basata prevalentemente sulla psicologia, ad una interpretazione, nel senso del libro, corporale, cioè prevalentemente fisiologica. Nell’analisi volponiana, il corpo e le sue potenzialità per la sussistenza umana vengono messi in primo piano. Alla psicologia e all’interpretazione dei sentimenti della persona, Volponi oppone la ricerca delle sostanze materiali e delle loro funzioni corporali nonché la conoscenza del rapporto dell’uomo con il mondo delle cose. La psicologia cede il posto alla psicoanalisi come base scientifica della ricerca. Per la conoscenza dell’uomo, l’autore di Corporale ricorre infatti alla teoria dei flussi libidinali, che per Freud erano il fondamento del rapporto fra le persone, del bambino con la madre e il padre, e dell’adulto con le persone da cui si sente attratto. Cerchiamo dunque di fondare la nostra interpretazione della scena delnudo sulla teoria dei flussi libidinali, applicata ai rapporti di attrazione o ripulsa/avversione fra le persone. La scena del nudo è situata, nel romanzo, in un momento della biografia di Gerolamo Aspri, alias Murieta, in cui egli, nel gruppo di uomini d’affari milanesi, incontra Ivana, la donna bella e attraente che, in questo ambiente poco rispettabile, fa la prostituta. Il momento del nudo è la scena in cui Ivana, sdraiata sul letto, immobile e nuda, viene presentata allo sguardo affascinato di Aspri/Murieta :

Ivana distesa riparava il volto tra le braccia: ne cresceva il pube che oscillava sopra la nudità bianca.

- Perche non mi guardi?

Ma Ivana non alzò la testa. Egli guardava il ventre della ragazza, la volta blu del petto e poi le due gambe; ma i suoi occhi vedevano senza contingenza. Sentiva un calore sulle mani e sulle spalle tramandato da un altro tempo: aveva l’impressione di tenere le mani sopra una pietra che conservasse il tepore di un giorno prima.

Il testo prosegue con le riflessioni dell’uomo che continua a guardare il corpo della donna, ma questa visione evoca scene del passato associate alla presenza femminile:

Ritrovò la crudeltà e la rabbia che in quelle occasioni non aveva mai saputo controllare, che gli arrivavano da una parentela sconosciuta, da una precedente identità. Tremando e ripiegato su se stesso vedeva le proprie cose, le sue stesse membra adagiate al limite di una costa molto vicina, una per una, che potessero essere prese e portate via o sfigurate. Sullo sfondo appariva una casa incerta, in parte diroccata. Questa casa ha le finestre e le porte chiuse o aperte? gli aveva domandato Overath. Ha le finestre dei piani più alti aperte e a piano terra ha una loggia. Se cerco di guardare nell’ombra degli archi, vedo il vano scuro di una porta ma non riesco a capire se è aperto o chiuso. [trad. it. cit., p. 177]

È ovvio che l’oggetto e il piano della visione di Aspri/Murieta, nella lunga riflessione, suscitata dallo sguardo sul corpo di Ivana, sono cambiati. Il passo, in cui si parla della costa vicina, probabilmente accenna all’innamoramento di Aspri per un’altra Ivana, la giovane ragazza che non ha ricambiato il suo amore, mentre la casa fa riferimento all’infanzia di Gerolamo e al suo rapporto problematico con la madre. Ambedue le figure femminili rappresentano quelli che possiamo considerare gli archetipi dell’imago femminile in Volponi, ai quali, nella scena del nudo sopra riportata, si aggiunge la terza figura, quella di Ivana, la donna matura.

Aspri, sposato, 35 anni, due figli, nel momento in cui si innamora della giovane Ivana, durante le vacanze con la famiglia sull’Adriatico, decide di separarsi dalla moglie e di cominciare una nuova vita con lei. Il suo progetto di cambiare vita, in tutti i sensi della parola, non a caso allude alla «vita nova» che a Dante si promette con l’apparizione di Beatrice. La giovane Ivana, per Aspri, diventa l’angelica figura del romanzo dantesco, che decide sovranamente il percorso della sua vita, ma che è pure in grado di condannare l’amante a un destino amaro, come può farlo la madre con il neonato. Ivana appare dunque sotto due vesti e adempie due funzioni: quella dell’amata con cui l’amante comincia una nuova vita, e quella, in questo senso simile, della madre, che nel dare alla luce il bambino diventa la figura del drammatico complesso edipico. Ambedue le funzioni vengono da Aspri proiettate sulla figura di Ivana, che viene così derealizzata nella sua esistenza a favore dell’immagine che la rappresenta. L’operazione consiste per Volponi in ciò che lui chiama “l’angelicazione” della donna da parte dell’uomo innamorato e al contrario nella “disacralizzazione” della stessa donna, quando le aspettative nei suoi confronti vengono deluse. Volponi descrive e spiega questo rovesciamento dialettico dell’atteggiamento maschile in un passo del romanzo in cui i fatti storici figurano come determinanti per il cambiamento dei soggetti:

...la mia generazione che non ha avuto nemmeno come quella prima sottotenenti a Tobruk e a Zagabria o partigiani per le valli o nelle ville […], è stata condannata alla angelicazione della donna e alla simultanea dannazione e dimenticanza di se stesso […], e appena conquistata la repubblica, già condannati, io e i miei coevi, alla disacralizzazione della stessa donna: poco vista e poco sentita, tra nervi, dolori, ingiustizie e bagni freddi. [trad. it. cit., p. 108].

In questo tentativo – non molto chiaro o piuttosto improvvisato – di spiegare l’ambivalenza dei sentimenti del maschio nei confronti delle donne, sembra evidente il modo in cui Volponi nel comportamento della persona fa intervenire e persino dominare le situazioni storico-sociali in cui si sono presentate le esperienze vissute del soggetto, il tempo della guerra e della lotta partigiana, nel primo caso, la proclamazione della Repubblica dopo la guerra, nel secondo. Sottolineo questo procedimento per mostrare come Volponi cerchi di sminuire l’elemento psicologico in favore dell’importanza del sociale e dello storico nella biografia del soggetto. Dall’evento in cui l’individuo è coinvolto nasce l’esperienza del soggetto, all’occorenza l’angelicazione della donna amata, e la disacralizzazione dell’essere femminile, la polarità in cui l’imago della donna si presenta nel romanzo, nelle sue diverse apparizioni.

Torniamo all’analisi psicoanalitica dei flussi libidinali del maschio. Il nudo di Ivana sdraiata sul letto suscita, in Aspri/Murieta, un tale sentimento di venerazione che in un momento di estasi esclama: Forse la tua bellezza è il risvolto della santità [trad it. cit., p. 173]. Malgrado l’ironia che si può vedere in questa battuta, le parole dell’ammiratore conferiscono un rango incontestabile alla donna e alla sua corporalità, alla maturità dell’essere femminile socialmente in grado di mantenersi da sola; un criterio per Volponi essenziale nella sua valutazione dell’energia libidinale femminile. La dignità assegnata alla donna matura e implicitamente alla madre, la troviamo anche nella giovane Ivana, nella sua angelica natura; gli stessi sintomi dell’attrazione sessuale e lo stesso sguardo dell’uomo che punta attraverso il vestito leggero della ragazza sul suo corpo nudo sotto la stoffa:

Ma la mia ansia era forte e mirava a quel tesoro, a quella montagnola di sali preziosi che quella ragazza custodiva fra le cosce, aprendosela ogni tanto, tirandola ogni tanto, incurvandosi, alzandosi. Intanto il suo corpo era un continuo respiro. [trad. it. cit., p. 31]

E questa forte pulsione sensuale è simultaneamente accompagnata dalla volontà e dal progetto di cambiare vita:

Sarebbe stato il primo punto di un nuovo scenario di un altro sistema fisico intorno al mio centro; aveva già le sue fondamenta e io avrei dovuto costruirlo fissandone anche i tempi. [trad. it. cit., p. 35].

Aspri decide, come afferma, di prendere questa Ivana [trad. it. cit., p. 37]. Ecco come: Gustavo un senso corrotto dell’orgoglio, un momento di fiducia in se stessi, ma che subito dopo viene di nuovo messo in dubbio: uno può sospendere tutto e illudersi fino a fare di un momento un tempo, credere di avere grandi mezzi e di potere ritrarsi dalle cose, per decidere di riprenderle quando si sentisse più desideroso e più disposto a goderne con perfetta determinazione. [trad. it. cit., p. 35].

Aspri si trova in una situazione critica. Ciò che dovrebbe aiutarlo ad affrontare la nuova esistenza – l’attrazione sessuale per Ivana – risulta invece ostacolato dall’identificazione della ragazza con l’«imago» materna. Egli deve decidere se con la scelta a favore di Ivana è in grado di cambiare la sua vita, ciò che significa pure ricominciarla, tornare all’inizio della sua esistenza:

La mia sensualità aveva dunque un presentimento: dovrò seguirlo senza sbagliare. O era solo l’avvertimento che il mio corpo esige un’altra storia, che esso muterebbe se io non seguissi la novità che mi appare, se non aprissi la mia gola, se non afferrassi e tenessi le mie ansie. È un’esigenza rivoluzionaria che muove da questa solida massa, dolce massa. [trad. it. cit., p. 36]

Un sogno in cui egli sopravvive alla minaccia di essere ucciso dalle fiamme di un’esplosione, lo conforta nella convinzione di avere fatto la scelta giusta: Mi appariva chiaro che questo significava il trionfo del sogno contro ogni ironia […] [trad. it. cit., p. 18]. La sua decisione di ricominciare la sua vita suppone la volontà di ritornare all’inizio, alla sua nascita e alla figura della madre, ma allo stesso tempo esprime anche il desiderio di cancellare le esperienze dell’esistenza vissuta. L’amico Overath, a cui Aspri ha confidato le perplessità del suo innamoramento, gli risponde: Il tuo sogno era semplicemente la rappresentazione dell’adempimento di un desiderio […]. E questo riguarda te, uomo di questa società, dentro o fuori […]. Non ho la risposta esatta, ma posso dire senza essere originale ,ma nemmeno lontano dal vero, che appena l’uomo ha costruito la società ha contemporaneamente pensato di distruggerla tutta, tutt’ insieme, anch’egli dentro, un poco dentro e un poco fuori. [trad. it. cit., p. 23]

Il pensiero di ritornare alle origini della sua esistenza preoccupa Aspri già dalle prime pagine del romanzo e del suo progetto esistenziale:

Potevo tenermi al mio corpo, approfondendone l’analisi senza sentimenti e pregiudizi, come si dice, secondo l’idea di Overath […]. Cercai di provocarli fino in fondo, con la speranza che mi avrebbero liberato di quella diffusa condizione d’odio, della quale prendevo coscienza momento per momento […] [trad. it. cit., p. 11].

Subito dopo, Gerolamo comincia a parlare della madre e dell’uomo con il quale conviveva e a cui – o forse a tutti e due – l’odio del figlio fa riferimento. Il fatto che la figura della madre venga menzionata già all’inizio del racconto, in una posizione per ciò significativa, le assicura un’importanza nell’economia libidinale e nell’analisi dei rapporti di Gerolamo con le due Ivane. L’imago materna, nell’opera di Volponi, risulta però alquanto ambigua, come mostrano a sufficienza la biografia dedicata alla sua vita in questo racconto e l’importanza del suo ruolo nel dramma familiare. Interessante, nel nostro contesto, è che l’imago di Ivana viene associata, per certi profili, a quella della madre. Poi accade quello che possiamo chiamare, nei termini della psicanalisi freudiana, la protoscena [Urszene o scena originaria], quella in cui il soggetto assiste terrorizzato all’amplesso fra la donna amata e il rivale: Aspri osserva le due figure illuminate dalla luna: Poi mi commossi e misi a invidiarli […]. Guardavo sempre Ivana e il suo ragazzo stretti, che oscillavano […]. L’identificazione con il rivale fortunato è la prima reazione dell’amante escluso che si sente separato e abbandonato dalla figura essenziale per la sua [ri]nascita. Ivana, per un istante, si cambia in un’imago della madre e attraverso questa metamorfosi accede, nel chiarore del cielo, alla sacralità di una immagine che la luce trasfigura e sottrae agli occhi degli astanti: Anche l’alone che era intorno a Ivana e al suo ragazzo s’irradiò, consumando nel paesaggio i loro corpi. [trad. it. cit., p. 62].

Il dolore, che rievoca il trauma dell’alienazione della madre e i rancori verso l’uomo che ha sostituito il padre, non solo conferma e rafforza le esperienze del bambino e le sue delusioni, ma dissolve anche le illusioni sull’ Ivana innocente e angelica: Ma la grande novità davanti a quell’ Ivana era che non valevano piú, anche se non smettevo di evocarli, gli schemi preesistenti. [trad. it. cit., p. 63]. Il quadro della scena in cui Aspri osserva nascosto la perdita per lui dell’Ivana sedotta viene descritto così : Ma l’immagine di Ivana rotta sul legno di quel capanno andava perfettamente con lo stare seduto con il mento sui ginocchi dietro quelle foglie. Occorreva adesso la forza di lasciarsi dietro gli schemi dell’amore ideale, di condannare le immagini necessarie e credibili per me, fatte con la mia vecchia materia, tirate su dal solito pozzo fantastico, ma del tutto inutili e false al confronto della verità. [trad. it. cit., p. 64]

Il problema che emerge per Aspri in questa occasione è quello di superare la predominanza delle immagini sul pensiero, lo smisurato peso del suo sguardo sulle cose che lui ama e stima:

Cosa pensavo? Tutto, con molta confusione tra pensieri e immaginazione: ma piú che d’immaginare mi sentivo sempre, convinto di pensare, anche perché non avevo tutta la felicità e la dose d’oziosità che ritenevo necessaria all’immaginazione: ero piuttosto appesantito, compenetrato, proprio dalla volontà di emettere pensieri. [trad. it. cit., p. 66]

Il corpo nudo della donna è l’immagine che si è impressa nella memoria del bambino quando, per la prima volta, vede o scopre il corpo della femmina oppure in diverse altre occasioni in cui nell’immaginazione del bambino si forma l’imago del sesso femminile. Questo procedimento, che è all’origine del complesso edipico, consiste, nel caso di Gerolamo, nell’identificare il corpo della donna con l’imago della madre. Nella risposta alla lettera di Overath che diagnostica in lui un caso di narcisismo, Gerolamo obietta: Però io amavo quella ragazza […]. Può darsi benissimo che l’amassi come immagine della mia gioventù, nel tentativo di trattenerla. Però contro il mio narcisismo sta la realtà delle cose che ho fatto, compresi i miei figli e tutta la vita che ho speso fuori di me: certo che la mia vita l’ho vissuta sempre io e questo sembrerebbe essere una grossa prova di narcisismo. – E chiude il suo discorso nell’evidente intento di discolparsi: E poi adesso che questa ragazza non c’è, avverrà subito che finisca la mia gioventù e che io acquisisca la piena coscienza di questa fine? [trad. it. cit., p. 57]

La crisi di questa lenta presa di coscienza continua e si riflette nella polemica fra i due amici lungo l’intero percorso del romanzo. Aspri difende la posizione che possiamo definire idealista – contro quella materialista di Overath – a favore dell’idealità dell’immagine delle donne, inclusa quella della madre – che anzi, per lui, è alla sua origine. Possiamo comprendere questa difesa come la dimostrazione della fenomenologia libidinale del maschio e, nel caso di Gerolamo Aspri, del dramma familiare definito ‘complesso di Edipo’. Il narcisismo diagnosticato da Overath riguarda il fenomeno dei flussi libidinali, cioè dei desideri che, secondo Freud, sono indirizzati verso l’oggetto desiderato, all’occorrenza la persona amata, in realtà la madre. Che la madre continui a essere l’oggetto principale dei flussi libidinali del bambino, cioè dei suoi desideri sessuali o sentimenti di amore, costituisce, secondo Freud, una delle ragioni per le quali, a un certo momento dello sviluppo, tali flussi si bloccano perchè puntati su una persona divenuta ormai intoccabile. Questo blocco, causato dal divieto che emana dalla persona a cui sono indirizzati i flussi, fa rifluire l’energia libidinale verso il soggetto da cui sono partiti. Il soggetto, in tutto ciò che ama e desidera, ama se stesso e la soddisfazione che dall’oggetto desiderato riceve. È questo l’egocentrismo che Overath già dall’inizio ha denunciato come il narcisismo di Gerolamo, tratto che diventa sempre più riconoscibile e predominante nella misura in cui Aspri si sente approvato e riconosciuto come l’uomo a cui si è sottomessa Ivana, la donna matura; un momento goduto intensamente, in cui Gerolamo celebra il trionfo sugli «schemi preesistenti» e la liberazione dall’incanto dell’onnipotente imago materna. Aspri/Murieta assiste, per caso, al dialogo fra Ivana e Overath senza da loro essere visto, in cui ambedue riconoscono e lodano le sue qualità di capo o di leader dotato. Questo è il momento per lui della sua vera e propria «ri-nascita» – il riconoscimento da parte degli altri – l’attimo della piena coscienza di sé. Ed è con questa nuova coscienza che lo sguardo del soggetto maschile, nella scena del nudo, incontra il corpo di Ivana sdraiata sul letto. La sensazione del trionfo viene descritta in questo modo:

Dovette sedersi estenuato dalla soddisfazione. […]. A poco a poco cominciò a riprendere brani di quel discorso per prepararsi all’incontro con Overath. Qualche giudizio e qualche ipotesi potevano essergli utili anche per definire la sua avventura rivoluzionaria. Tanto l’incontro con Overath quanto questa definizione richiedevano la elaborazione di un inganno perfetto, perché lui potesse assumere ogni potere togliendolo alla debolezza di Overath e alla presunzione del marchese. Si preparava a capire la vocazione che lo chiamava: la quale non era più quella tentazione nebulosa accennata da Overath, ma già da tempo un appello ripetuto e che ogni volta depositava dentro di lui un peso che già cominciava a prendere forma. Fra non molto avrebbe avuto intero, e pronto anche verso l’esterno, quell’ordine che aveva cominciato a comporsi e ad operare dentro di lui. Giudicava la propria vita e tutti gli avvenimenti in modo diverso da prima, oscillando ancora ma avanzando verso una verità della quale oramai godeva il bene, anche se non ne conosceva tutta la sostanza e la misura. Era già sul passo, in attesa del movimento completo. [trad. it. cit., p. 172].

Da questo vero e proprio parossismo dell’autoriconoscimento del protagonista allo sguardo di Murieta fissato sul corpo nudo di Ivana, è rintracciabile la linea di un passaggio biografico-psicoanalitico che nell’intenzione di Volponi dovrebbe essere considerato come un processo di liberazione, la liberazione cioè dall’imago della madre che, allo stesso tempo, comportava la dicotomia o la distanza incolmabile tra l’angelicazione e la disacralizzazione [sic!] dell’essere femminile. Ma non solo dovrebbe cambiare il rapporto tra la donna vera e le immagini (e il loro dominio), che sopravvivono ancora nella mente dell’adulto. Anche l’immaginazione, almeno per quanto riguarda i sentimenti che la cultura borghese sottomette al controllo della famiglia, è l’oggetto della critica volponiana, nella misura in cui partecipa al blocco del flusso libidinale e di conseguenza a produrre i malfatti del narcisismo. Abbiamo già brevemente accennato alla funzione mentale opposta all’immaginazione, il pensiero, al quale Gerolamo fa ricorso contro la prepotenza delle immagini. L’impatto positivo dei pensieri nella verifica del vero – contro l’incanto delle immagini – si manifesta nel momento in cui Aspri/Murieta, alla presenza di Ivana nuda sul letto, non la vede più immagine o idolo, ma nella sua realtà di donna, e anche nella sua condizione sociale di prostituta. La rappresentazione del nudo femminile, sotto questo aspetto, mi sembra voluta da Volponi per mostrare la donna, nel suo essere naturale ed elementare, con il minimo di diritti umani, nello stato civile della società borghese. Ivana, in compagnia dei commercianti milanesi, che rappresentano l’illegalità e il cinismo del mondo degli affari in questo romanzo, è presentata come una figura simile a loro, cioè dotata della stessa vitalità e dello stesso senso del reale. Volponi mira, presumibilmente, a innalzare con questa figura il prestigio sociale della donna che nella sua nudità rappresenta l’elementarità del genere femminile; la donna non più come madre, ma, attraverso la forma «dissacrata» della prostituta, come essere localizzato al di fuori della famiglia; Ivana, la figura maturata e non più condannata alla maternità, portatrice o mediatrice della psicologia familiare.

Nonostante questa libertà che esprime nel suo atteggiamento sovrano l’autonomia della persona, Ivana resta tuttavia l’oggetto dello sguardo maschile, l’icona del «femminile eterno», simile alle grandi «nues» della pittura ottocentesca, da Goya a Manet, e alla Nana di Zola.




Nota al testo
Le citazioni sono tratte dalla prima edizione del libro: Paolo Volponi, Corporale, Einaudi, Torino 1974.