sotto giudizio
RECENSIONI


Odo Marquard, Alberto Melloni
La storia che giudica, la storia che assolve
Editori Laterza, Bari 2008, pp. 162, ISBN 978-88-420-8529-4, € 16,00


Il testo propone un’interessante tesi che chiarisce molti aspetti della nostra società contemporanea.

I diversi saggi dei due autori – che si completano a vicenda e sono gli uni l’esposizione di fatti che vanno a dimostrare la tesi fondativa degli altri – appartengono a due tipologie diverse, i primi essendo di genere storico e gli altri di genere filosofico.

La prima parte si intitola Per una storia della tribunalizzazione della storia, ed è scritta da Alberto Melloni, che in tre saggi mostra come nell’epoca contemporanea, a partire dagli anni successivi alla seconda guerra mondiale, il giudizio storico si sia identificato col giudizio penale e si sia, quindi, svolto principalmente nell’ambito dei tribunali o nelle sedi istituzionali della politica.

Ripercorrendo brevemente i fatti di maggior rilievo riguardo ai crimini di guerra del secondo conflitto mondiale, ad esempio i processi di Norimberga, Melloni mostra come gli storici entrino nei tribunali come «periti d’una sorta di polizia scientifica sui generis» (p. 7). Non è possibile qui elencare tutti gli esempi riportati in questa parte del libro, ma vale la pena far riferimento all’analisi che Melloni compie della consuetudine odierna dei governi di creare apposite giornate della memoria, con l’intento di ricordare eventi passati particolarmente drammatici, come ad esempio, in Italia e altrove, la giornata indetta in memoria della Sho’ah. Secondo l’autore, quest’operazione compiuta dalla politica, consistente nell’obbligo di ricordare i mali commessi, vorrebbe preservarci dal poterli ricommettere in futuro.

Già da queste pagine si intravede, dunque, l’intenzione del libro: sottoporre ad un rigoroso esame la tendenza oggi diffusa a mettere tutto “sotto giudizio”. Poichè il passato è scandagliato e studiato nelle aule di tribunale, con l’intento di trovare gli artefici dei mali, questo serve ad esorcizzare il male, ad allontanarlo da noi, dalla possibilità che noi o i nostri figli ci scopriamo essere possibili criminali.

Se identifichiamo con chiarezza i responsabili individuali dei crimini commessi durante la guerra, se creiamo delle giornate apposite per la memoria, ci sentiamo sollevati ed esonerati dalla colpa che pesa sul genere umano. Il tema dell’esonero, come vedremo, sarà analizzato e approfondito da Marquard che lo concepirà come uno strumento per fuggire dall’accusa cui l’uomo è sottoposto a causa della presenza del male nella storia.

La seconda parte del libro, scritta appunto da Odo Marquard, è squisitamente filosofica e si intitola Imputazioni ed esoneri. Due saggi sulla teodicea e sull’uomo nella filosofia moderna.

Marquard cerca di ritrovare nella storia della filosofia le origini di un fenomeno tipico della modernità e che continua ancora oggi a caratterizzare la nostra società, come la definisce il nostro autore: la moderna tribunalizzazione della realtà della vita: «oggi, infatti, palesemente tutto ha bisogno di giustificazione: la famiglia, lo Stato, la causalità, l’individuo, la chimica, la verdura […] solo una cosa non ha bisogno – ma perché mai? – di giustificazione: la necessità della giustificazione sempre e ovunque» (p. 71). Secondo Marquard, questo modo di porre tutto e tutti sotto processo ci proviene fondamentalmente dalla crisi moderna della teodicea.

Nel 1710, Leibiniz scrive gli Essais de Theodicée sur la bonté de Dieu, la liberté de l’homme et l’origine du mal. L’idea centrale è che il nostro creatore, Dio, permette la presenza dei mali nel mondo, perché questo è il migliore possibile: «l’optimum come fine giustifica i mali quali condizioni della propria possibilità» (p. 105).

Ma allora ci si domanda: perché Dio ha deciso di dare seguito alla sua azione creatrice se questa avrebbe provocato dei mali?

La filosofia moderna, di fronte a tale quesito insoluto, non dimentica o accantona la teodicea, ma anzi porta alle estreme conseguenze il problema, giungendo ad una soluzione in cui Dio è volutamente messo da parte come causa della cattiveria insita nel mondo, proprio per salvare la sua bontà: «Dio per il bene stesso della sua bontà deve essere liberato dal ruolo di Creatore, per la salvezza della sua bontà gli deve essere permesso o addirittura raccomandato di non esistere» (p. 106). L’ateismo moderno, secondo Marquard, non consiste affatto nell’eliminare il problema di Dio, ma è anzi un tentativo di salvare l’idea della sua infinita benevolenza; esso, sostiene Marquard, è un «motivo di teodicea».

Si apre così la tesi più interessante dello scritto di Marquard, e cioè che la teodicea sia il tema specifico e necessario che sottende la modernità: «Dove c’è teodicea, c’è modernità; dove c’è modernità, c’è teodicea» (p. 75). Di conseguenza la maggior parte dei temi della modernità, che continua ancora oggi, sono dei «motivi di teodicea» che cercano nuove risposte a spese dell’antica intenzione di giustificare Dio e la presenza del male nel mondo.

Eliminato Dio, chi è allora il responsabile del male? Secondo la filosofia moderna, è l’uomo come fautore della storia. Nasce infatti, nella seconda metà del XVIII secolo, una nuova visione dell’uomo, quella dell’idealismo trascendental-rivoluzionario di Kant e soprattutto di Fichte, secondo cui l’uomo è autonomo. Questi è il fautore «dell’artificiale mondo sperimentale delle scienze esatte nonché del mondo etico delle norme e della loro esecuzione autonomamente elaborato, ovvero – secondo Fichte – l’uomo in quanto creatore della storia» (p. 80).

In conseguenza di ciò, sotto accusa non è più Dio, ma l’uomo, che ora risulta essere non più solo l’accusatore assoluto ma anche l’imputato assoluto. Da qui l’iper-tribunalizzazione della realtà della vita umana. L’uomo si trova a dover giustificare gli accadimenti del mondo, fino a giungere a dover dare spiegazione del proprio essere. Ma questo è un peso che l’uomo non riesce a sopportare e sostenere, e perciò escogita dei sistemi di evasione nell’inimputabilità, che Marquard chiama esoneri.

L’uomo tenta di trovare delle scappatoie attraverso le quali sentirsi esonerato dalla imputabilità del male del mondo. Non a caso, secondo Marquard, nascono in questo periodo nuove filosofie: la filosofia della storia, l’antropologia filosofica e l’estetica, tutte con lo scopo di offrire all’uomo una via di fuga.

L’antropologia filosofica, ad esempio, ha sviluppato il tema dell’uomo come ente naturale. Questo concetto impone dei limiti alla auto-causalità dell’uomo, in quanto egli ha una parte di sé, quella naturale, che non si sottomette necessariamente al proprio volere.

Altro tema di esonero è «l’entusiasmo per l’assenza mediante il viaggio» (p. 111). Nell’età moderna si sviluppa un grande interesse per i luoghi lontani raggiungibili sia fisicamente che solo con la mente, come nel caso dell’interesse per la preistoria.

Un caso a parte Marquard lo rinviene nella filosofia della storia, in modo particolare in quella di Fichte, secondo cui, com’è noto, l’Io pone se stesso e si contrappone al Non-io. In questo modo l’uomo è sempre l’accusatore assoluto, ma l’imputato sono gli altri uomini: «In tal modo la storia, in quanto auto-assoluzione dell’uomo per mezzo dell’incremento della pressione di legittimazione sugli altri uomini, diviene anch’essa un’evasione nella inimputabilità: che allo stesso tempo, s’intende, aumenta infinitamente l’imputabilità (ipertribunalizzazione) degli altri» (p. 116). Naturalmente Marquard ha buon gioco nel mostrare come, in virtù di tale approdo, l’uomo determini la fine della propria umanità.

Con questo epilogo il libro sembra così ritornare al tema iniziale, cioè quello della tribunalizzazione della storia, attraverso la quale si tenta di far cadere la colpa del male e della cattiveria umana su pochi o molti, ma comunque delimitati individui, in modo da distinguere nettamente gli uomini buoni da quelli cattivi.

La tesi di Marquard, che in fondo è quella che ispira le pagine di tutto il libro, sembra funzionare molto bene quando, andando nello specifico di alcuni temi come quello dell’esonero, tenta di mostrare come nella modernità l’idea dell’assoluta autonomia dell’uomo implichi un’accusa altrettanto assoluta cui l’uomo deve dare spiegazioni.

Il nostro autore, in questi saggi brevi, accenna a molti argomenti della filosofia moderna e riesce a dare credito alla tesi secondo cui questi sarebbero tentativi di fornire all’uomo delle vie di fuga dal processo “assoluto” cui volontariamente si è sottoposto.

Il libro però, forse a causa della formula scelta, quella cioè dei saggi brevi, non rende abbastanza conto dell’idea da cui Marquard è partito, e cioè che l’uomo moderno si farebbe carico dei mali del mondo per salvare la bontà divina. Queste pagine non sembrano argomentare abbastanza l’idea che la filosofia moderna prenderebbe le mosse dall’insoddisfazione per la teodicea, in modo particolare di Leibniz.

Restano pertanto aperte alcune domande come: perché l’uomo moderno dovrebbe voler salvare l’idea della bontà di Dio? E se fosse così, perché il tema di Dio e del male scompaiono dal dibattito contemporaneo come oggetti centrali di interesse?

In conclusione, la tesi di Marquard è molto affascinante e soprattutto utile a comprendere la filosofia moderna e molti fenomeni della società contemporanea, ma ciò non basta a chiarire gli interrogativi che essa stessa solleva nella mente del lettore.


(Marcella Donnarumma)




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